Presentazione del riallestimento del Museo Archeologico Cadorino

Progetto Interreg Italia Austria “Archeologia in rete: gli antichi abitanti delle Alpi Orientali”

Da venerdì 17 giugno ritorna visibile uno dei ritrovamenti più interessanti del Cadore.

Il grande pavimento musivo - rinvenuto nel 1951 in centro paese a Pieve di Cadore durante i lavori per la costruzione del municipio - trova ora una sua più appariscente e valorizzante collocazione nelle sale del Palazzo della Magnifica e precisamente al secondo piano, sede del Museo archeologico cadorino MARC. Museo che nei mesi scorsi è stato oggetto di un rinnovamento e un potenziamento. La presentazione che avverrà venerdì ha una sua corretta coincidenza con le Giornate europee dell’archeologia (17,18,19 giugno). Il nuovo intervento si è attuato nell’ambito del Progetto Interreg Italia Austria “Archeologia in rete: gli antichi abitanti delle Alpi Orientali” che ha visto coinvolti oltre a Pieve di Cadore (Belluno), San Lorenzo di Sebatum (Bolzano) e Aguntum (Lienz, Austria). 

Questo ritrovamento dopo la segnalazione fu riportato completamente alla luce nell’estate 1952. In quell’epoca furono scoperti i resti di edificio privato lussuoso, databile alla prima metà del secondo secolo d.c. indicato poi come Casa di Lucio Saufeio.

Anticipando la descrizione degli esperti, possiamo ricordare che il mosaico (cm 380x400) è ottenuto con tessere bianche e nere, sicuramente più “abbordabili” economicamente rispetto alle colorate, ma pur sempre indice di ricchezza e di evoluzione estetica, ciò a maggior ragione se si pensa che si tratta di una presenza in una località di montagna lontana dai centri di grande interesse per la vita d’allora. Le tessere che risultano essere di dimensioni non costanti lasciano interspazi ampi. Le figura proprio per il bianco/nero risultano prive di plasticità. Basandoci su una vecchia descrizione fatta da Vico Calabrò, si rintracciano all’interno di uno spazio limitato da una larga fascia bianca percorsa da due strisce nere, un bordo a righe ondulate di tessere alternate in cui forse l’esecutore voleva raffigurare una treccia, nel mezzo quattro rosoni e nove figurazioni. Di queste restano visibili soltanto quattro e mezza: al centro un cane con collare e lingua a tasselli rossi (sono le uniche tessere di questo colore), ai suoi lati un delfino e un kantharos, ed all’esterno di questi due navicelle che certamente si ripetevano per simmetria nei lati scomparsi. Il kantharos è una specie di anfora o vaso usato in luoghi termali o comunque salutari. Per quest’immagine il dottor De Lotto avanzò a suo tempo l’ipotesi che vi fosse un riferimento alle acque termali di Lagole.